I MILLE PERCHÉ - ALIMENTAZIONE - LE BEVANDE

PERCHÉ LA BIRRA FA TANTA SCHIUMA?

La birra che viene venduta in bottiglie o «alla spina», estratta cioè direttamente dalle botti, si ottiene dalla fermentazione dei cereali, in special modo dall'orzo. La birra è una bevanda nota da tempo: il suo uso risale addirittura al terzo millennio avanti Cristo, presso le popolazioni mesopotamiche ed egizie. Anche i Greci ed i Romani, pur prediligendo il vino, conoscevano ed usavano la birra o bevande affini, ottenute sempre dalla fermentazione dei cereali.
Dal Mille in poi l'uso della birra si diffuse e si affermò soprattutto in Germania, in Inghilterra ed anche in Francia, mentre nei paesi mediterranei, a causa della maggior diffusione della viticoltura, il vino rimase la bevanda di maggior impiego.
Oltre alla birra vera e propria, quella ottenuta dalla fermentazione del malto d'orzo ed aromatizzata col luppolo, esistono altri tipi di birra: quella cosiddetta «mista», ottenuta dal malto d'orzo, dal frumento e da altri cereali, e quella detta «artificiale» ottenuta dal mais, dal riso e dallo sciroppo di fecola.
La fabbricazione della birra d'orzo, l'unica prodotta su scala industriale, contempla varie fasi di lavorazione: dapprima il malto d'orzo viene macinato in molini a cilindri, quindi mescolato con acqua e reso mosto, per decozione od infusione, alla temperatura di 75 gradi.
Durante la lenta infusione gli enzimi contenuti nel malto (amilasi simili alla ptialina, l'enzima contenuto nella saliva, di cui abbiamo parlato) trasformano l'amido del malto in zucchero.
Il mosto quindi viene dapprima decantato, fatto riposare, cioè, affinché ogni particella in sospensione si depositi sul fondo, e poi fatto bollire con il luppolo il quale, oltre a dare l'aroma all'insieme, determina la precipitazione di sostanze albuninoidi che si coagulano al alta temperatura.
Il mosto passa ai rinfrescatoi dove si raffredda naturalmente e può quindi essere immesso nei refrigeranti dove la sua temperatura è ulteriormente abbassata fino a 5 gradi.
Il mosto, a questo punto, fermenta. La fermentazione, per la quale gli antichi usavano dei tini, si svolge, negli impianti moderni, in recipienti di alluminio nei quali il mosto in fermentazione viene continuamente rimescolato da un costante insufflamento di anidride carbonica. Dopo la fermentazione, la birra ottenuta viene saturata con anidride carbonica, utilizzando a questo scopo la stessa anidride carbonica prodotta dal processo di fermentazione. Dopo essere stata pastorizzata e dopo un certo periodo di maturazione viene infine posta in bottiglie o in barilotti e immessa in commercio.
Perché la birra fa tanta schiuma? La risposta è semplice. Il liquido, saturo di anidride carbonica e abbastanza stabile intorno ai cinque gradi, temperatura a cui la birra ha fermentato ed è maturata, sviluppa in gran quantità il gas che ha in sé disciolto non appena questa temperatura sale e non appena la birra subisce un rimescolamento improvviso, simile a quello che si ottiene versando il contenuto di una bottiglia nel bicchiere. La grande quantità di anidride carbonica che si svolge nella birra in subbuglio, determina la formazione di una miriade di bollicine che sparirebbero ben presto se il liquido fosse semplicemente acqua (come accade nelle acque minerali gassate) ma che invece persistono sotto forma di bionda schiuma data la maggiore coesione delle molecole della birra, le quali trattengono più a lungo il gas impedendogli di disperdersi nell'aria.

PERCHÉ GLI APERITIVI STIMOLANO L'APPETITO?

La parola «aperitivo», dal latino aperire, ha il significato letterale di «aprire le vie», cioè di stimolare le secrezioni gastriche dello stomaco e tale significato lo si trova anche in alcuni vecchi libri di Farmacologia e di Alimentazione. Oggi per aperitivo s'intende più diffusamente una bevanda che, oltre la riconosciuta azione di favorire le secrezioni gastriche, ha anche la funzione di stimolare l'appetito e quindi di agevolare la digestione.
L'aperitivo è a base di sostanze amare ed aromatizzanti (erbe, radici, frutta) in quanto le papille gustative, a contatto con queste sostanze, determinano, per via riflessa, un'attività secretrice a livello dello stomaco dei succhi gastrici e non di rado un aumento dei movimenti peristaltici che si traduce di conseguenza in un aumento dell'appetito.
Gli aperitivi sono principalmente ottenuti da una «infusione» alcoolica di amari vegetali come la genziana, l'arancio dolce e amaro, il cardamomo, il rabarbaro, la china, la maggiorana, l'assenzio, il carciofo e così via, uniti insieme in proporzioni diverse secondo particolari ricette che costituiscono il segreto di fabbricazione di ciascun prodotto.
Bere l'aperitivo è dunque utile e proficuo, grazie alle proprietà farmacologiche degli amari contenuti, nei casi di atonia e di insufficiente secrezione gastrica, inutile o controindicato nei casi opposti.
L'usanza di bere gli aperitivi prima dei pasti è anche da attribuire ad un'abitudine sociale, dettata dal piacere di incontrarsi al banco di un bar per scambiare quattro chiacchiere prima di pranzo.

PERCHÉ LE FABBRICHE DI LIQUORI SI CHIAMANO DISTILLERIE?

La maggior parte dei liquori, bevande composte essenzialmente di alcole, acqua, zucchero e principi aromatici od amari, vengono ottenuti grazie ad una operazione industriale detta «distillazione», per cui le fabbriche prendono anche il nome di distillerie.
La distillazione, volendo descriverla nel modo più semplice, si effettua in laboratorio con un alambicco, un ingegnoso apparecchio di vetro dovuto agli Arabi.
L'alambicco è formato da un recipiente principale di vetro resistente, capace di sopportare il calore del fuoco, nel quale viene posto il liquido e le sostanze da distillare, da un tubo a serpentino e da un altro recipiente destinato a raccogliere il prodotto distillato.
Portando il liquido ad ebollizione, i vapori che si svolgono sotto l'effetto del calore vengono convogliati nel tubo a serpentino che funge da refrigeratore, si raffreddano, ritornano allo stato liquido e cadono nel recipiente terminale: ecco ottenuto il liquore.
I liquori si sogliono distinguere in liquori naturali, se ottenuti direttamente dalla distillazione di vini e di frutti, e in liquori composti, se preparati tramite la distillazione di sostanze diverse o la macerazione in alcole.
Tra i primi ricordiamo la grappa, ottenuta dalla distillazione delle vinacce, il whisky dalla distillazione di una miscela fermentata contenente malto, grano, orzo ed avena, il rum dalla distillazione della canna da zucchero, il gin dalle bacche di ginepro, la vodka dai mosti di grano, orzo e segala, il kirsch dalle ciliege spappolate e lo sliwowitz dalle prugne mature.
Tra i secondi ricordiamo la chartreuse a base di issopo, melissa, assenzio, il curaçao dalla distillazione della buccia di un arancio delle Antille, il maraschino dalle marasche, l'anisetta dall'anice e il kümmel dalla distillazione dell'alcole di granoturco con semi di carvi e i cosiddetti «cordiali».
Per macerazione in alcole, invece, si ottengono i «fernet» e gli aperitivi, di cui abbiamo parlato in precedenza.
Ogni prodotto di distillazione contiene un'alta percentuale di alcool; perciò l'uso dei liquori presenta pericoli assai maggiori dell'uso del vino, di cui abbiamo parlato precedentemente. Ciò è dovuto al particolare processo di distillazione che permette di isolare da un composto fermentato in ebollizione le sostanze più volatili che sono appunto l'alcool e le essenze aromatiche. A questo proposito è interessante ricordare che anche l'alcool puro, l'alcool etilico a 90/95° si ottiene dalla distillazione di amido e di sostanze amidacee derivate dai cereali, dai residui della raffinazione dello zucchero (melasse), della barbabietola ed anche di vinacce, di radici, di frutta e così via.
L'alcool ottenuto per distillazione viene usato, come abbiamo detto, per la fabbricazione di certi tipi di liquori ed è sottoposto ad una forte tassa di fabbricazione.
L'alcool utilizzato in profumeria e in medicina viene invece fornito senza aggravi fiscali ma, per questo, esso è preventivamente denaturato, modificato, cioè, con l'aggiunta di speciali sostanze che, pur mantenendone le principali caratteristiche, lo rendono inadatto alla fabbricazione dei liquori.
Una distilleria di whisky in Scozia